Sei anni senza Enzo Jannacci, il poeta medico che amava il jazz e il rock
di Karol/Skatèna
El purtava i scarp de tennis, el parlava de per lu,
rincorreva già da tempo un bel sogno d’amore.
El purtava i scarp de tennis, el g’aveva du occ de bun,
l’era il prim a mena via, perché l’era un barbon.
Il 29 marzo di sei anni fa ci lasciava a causa di un tumore, all’età di 77 anni, Enzo Jannacci, artista poliedrico, poeta ed immenso cantautore, oltre che medico, compositore, cabarettista e attore. Seppe esplorare con ironia il mondo dei diseredati o della vecchia Milano, il mondo dello spirito di solidarietà tipico del Nord e delle vecchie osterie abitate da personaggi sanguigni e veraci.
Con una produzione discografica di circa venti album e numerosi 45 giri (primo disco “L’ombrello di mio fratello”, 1959), fu autore anche di colonne sonore e di canzoni per altri artisti (i più noti Cochi & Renato): Jannacci è considerato tra i pionieri del rock and roll italiano, insieme a Celentano, Luigi Tenco, Little Tony e Giorgio Gaber (con quest’ultimo formò i Due Corsari).
Breve Bio
Enzo nacque a Milano il 3 giugno 1935. Laureatosi in medicina, si specializzo’ in chirurgia generale, e continuò ad esercitare la professione anche nel bel pieno del suo successo artistico-musicale. Parallelamente agli studi di liceo ed universitari, frequentò il conservatorio, diplomandosi in pianoforte, ma anche in composizione e direzione d’orchestra.
Agli inizi della sua carriera musicale, si esibiva al Santa Tecla, il tempio del rock’n’roll milanese, assieme ad altri artisti come Celentano e Gaber. Ma è sul celeberrimo palco cabarettistico del Derby di Milano, in via Monte Rosa 84, scantinato d’una palazzina liberty in zona San Siro, una delle grandi fucine della comicità italiana, che per la prima volta Jannacci si fece notare. E lo notò tra i tanti anche Dario Fo, che lo prese sotto la sua ala protettrice quando stava per mollare tutto (“Volevo proprio cambiare mestiere: nessuno voleva saperne delle mie canzoni strambe”) per dedicarsi solo alla medicina. Ed è in quel periodo fecondo che Jannacci divenne una piccola celebrità, l’idolo della Milano-bene, grazie allo spettacolo “22 canzoni”, con la regia di Dario Fo.
Jannacci, come sopra accennato, fu autore anche di indimenticabili colonne sonore di film per il cinema, come per esempio “Romanzo popolare” di Monicelli, “Pasqualino settebellezze” della Wertmüller, che nel 1987 gli valse una nomination all’Oscar come miglior colonna sonora, e “Piccoli equivoci” di Ricky Tognazzi.
Egli partecipò per la prima volta al Festival di Sanremo nel 1989 con “Se me lo dicevi prima”. Si ripresento’ in seguito sul palco dell’Ariston nel 1991 con “La fotografia” in coppia con Ute Lemper e poi nel 1994 con “I soliti accordi” in coppia con Paolo Rossi.
Nel 2001, dopo sette anni di silenzio discografico, Jannacci diede vita al suo ultimo lavoro: “Come gli aeroplani”, un cd di 17 brani, quasi tutti inediti, dedicato a suo padre, la cui fotografia è nella copertina del disco.