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TALKIN'LOUD CON ALESSIO RAMACCIONI e FEDERICA PIETRA

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TALKIN'LOUD CON ALESSIO RAMACCIONI e FEDERICA PIETRA

10 luglio 1973: esce “Berlin” di Lou Reed

10 luglio 1973: esce “Berlin” di Lou Reed

How do you think it feels
When you’ve been up for five days
Come down here Mamma
Hunting around always – ooh
‘Cause you’re afraid of sleeping

10 luglio 1973: esce Berlin, il terzo disco da solista di Lou Reed, opera dalle atmosfere cupe e drammatiche ma dalle musiche grandiose, che si pone in netto contrasto col suo precedente lavoro Transformer.

Berlin inizialmente non riscosse successo e, come spesso accade con le opere d’arte degne di nota, acquistò un certo prestigio solo dopo diversi anni, venendo oggi considerato tra i migliori concept album degli anni ’70.

Qui sotto, Lou Reed in concerto a Edinburgh il 25 giugno 2008 mentre esegue How Do You Think It Feels, il brano più autobiografico di Berlin, in cui confessa la sua paura di dormire ed inutilmente pone degli interrogativi alla sua compagna, dalla quale sa che non otterrà comprensione né risposta. 

Di Berlin è stato detto:

  • Con questo album tematico, “scritto dagli adulti per gli adulti”, che si rivelerà un’ulteriore tappa lungo la strada che contribuì a portare la musica rock dalla sub-cultura adolescenziale a un linguaggio più colto, il così detto “rock intellettuale”, Lou Reed crea un’opera che scava a fondo nella sua anima, di artista e di uomo, ed è un’amara presa di coscienza di un fallimento personale, e forse per diversi aspetti generazionale, trattando, senza metafore, in una spietata analisi, temi come l’idealizzazione dei rapporti con gli altri con l’inevitabile disillusione, l’immaturità, la violenza, la nevrosi, la tossicodipendenza, parlando di odio e amore, tradimento, perdita, rinuncia, sconfitta (onda rock.it). 
  • Un concept album imperniato sulla storia di una ragazza morta suicida, dopo che le sono stati tolti i figli per condotta immorale. La narrazione è scarna, lenta e funerea. L’ambientazione mitteleuropea mischia abilmente echi di cabaret weimeriano, e il Bertolt Brecht più intenso, socialmente consapevole e commovente – quello di “Dell’ Infanticidio di Maria Farrar” . (storia della musica.it).
  • Il punto di forza, il mordente delle canzoni di Lou non era – non poteva essere – il loro realismo. Non è così che funziona con certa musica, cinema, arte figurativa o letteratura. Va ricercato semmai nella tenacia con cui questo sguardo sulla realtà si ostina a vederci una possibilità di bellezza, anche nel più devastato squallore, anche nella perdizione senza sbocchi o nella durezza più cinica. La forza di queste canzoni sta nel contrasto tra la crudezza del memoir reediano – anche quando pennella quadretti innocui o sciorina un rosario di stati d’animo – e la fiducia nella bellezza dell’espressione, qualunque sia l’oggetto del rappresentare. Come certi spietati film di Scorsese o le implacabili disamine dei De Lillo (sentireascoltare.it)

Nel video che segue, Lou canta Caroline Says in un concerto a Firenze nel 1980:

 

 

 

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Pubblicato il: 10/07/2019 da Skatèna