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100 anni dalla I Guerra Mondiale: non celebriamo una strage

100 anni dalla I Guerra Mondiale: non celebriamo una strage

di Valentino De Luca

Ci sono ricorrenze che è bene ricordare, ma che bisogna andar cauti nel celebrare.
La I Guerra Mondiale, finita per noi Italiani il 4 novembre di 100 anni fa, ha determinato l’annessione del Trentino e di Trieste (ma non Fiume e la Dalmazia, promesse 3 anni prima) al territorio nazionale, ma con un prezzo talmente elevato in vite umane e conseguenze sociali ed economiche da rientrare appieno nella definizione che Papa Benedetto XV diede all’evento bellico, ovvero una “inutile strage“.

Con oltre 650 mila morti, quasi tutti di estrazione contadina e proletaria, la Grande Guerra ha falcidiato un’intera generazione, nel corpo e nella mente, consegnando i poveri superstiti direttamente alle rivendicazioni di ciò che sarà il Fascismo.
Diversi argomenti sono stati trattati in maniera alquanto superficiale durante i momenti di ricordo del 1918, fermandosi alla lettura del famoso comunicato di Armando Diaz che un secolo fa annunciava la vittoria.

Poche parole sono state spese per gli oltre 350 mila processi per  renitenza o ribellione, le 170 mila condanne, e le oltre 4 mila messe a morte comminate dalle gerarchie militari e dai relativi tribunali nei confronti dei soldati italiani.
Quasi nessuna per ricordare le numerose proteste e le manifestazioni che vi furono in Italia durante gli anni del conflitto.
E proprio nessuna per ricordare l’enorme massa di spiantati che faceva ritorno a casa mutilo nel corpo e con un evidente stress post traumatico che la medicina stava iniziando a conoscere, ma non sapeva assolutamente ancora trattare.

Ciliegina sulla torta, le dichiarazioni di alcuni politici che hanno chiesto a gran voce di dichiarare proprio la ricorrenza della vittoria italiana il 4 novembre 1918 come festa nazionale (com’era fino a qualche anno fa), proponendo però contemporaneamente di abolire il 25 aprile, giudicata troppo “divisiva“.

Per rendere giustizia ad una generazione immolatasi nelle alture tra Veneto e Trentino (ma non solo), spesso di appena 18 anni, ho ritenuto opportuno fare due chiacchiere con il Prof. Agostino Giovagnoli, insigne storico e professore ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, a Roma.

Ecco il podcast, da ascoltare con molta attenzione per i diversi aspetti della Guerra che abbiamo toccato lungo il corso della chiacchierata

Pubblicato il: 29/11/2018 da Redazione Radio Città Aperta