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Il dizionario delle parole proibite: quando non offendere nessuno diventa l’arte degli ipocriti [Intervista a Giuseppe Culicchia]

Il dizionario delle parole proibite: quando non offendere nessuno diventa l’arte degli ipocriti [Intervista a Giuseppe Culicchia]

di Valentino De Luca

Ogni volta che lo leggo, la parte che più mi atterrisce di “1984” di Orwell è quella relativa alla costruzione della Neolingua.
Come ricorderete, scopo della creazione della Neolingua è forzare il pensiero verso una sorta di autocensura coatta che col tempo diventa naturale per la mente in modo tale che non solo il vocabolo, bensì la categoria di pensiero espressa dal vocabolo stesso non trovi più posto nei discorsi delle persone.

Ecco, una sensazione simile l’ho vissuta spesso negli ultimi anni ogni qualvolta, dagli States, giungevano notizie di vendetta consumate da feroci Erinni col sembiante di cavalier* dei diritti umani.
Punivano infatti tutti coloro che, armati solo del proprio lessico, avevano ferito mortalmente una o più delle centinaia di sottocategorie in cui si è parcellizzata la società americana negli ultimi 40 anni.
E così licenziamenti, processi sommari, richieste di teste su piatti d’argento…nell’America degli anni ’10 sono volati più stracci che in una lavanderia.

Eppure la sensazione è che, nonostante il linguaggio assolutamente imparziale per numero, ordine e genere usato dai media americani, il profondo razzismo che permea gli States,  le differenze salariali di genere, le molestie negli ambienti di lavoro più umili, il giudizio sull’aspetto fisico che preclude la carriera, etc…tutto ciò insomma non sia minimamente sparito!

In Europa però alcuni intellettuali, forse memori degli studi liceali, ricordano che gli antichi Romani si assicuravano il dominio delle popolazioni assoggettate applicando il famoso “divide et impera“.
Ed hanno iniziato a sospettare che l’eccessiva creazione di categorie e sottogeneri, ognuno dotato di spiccata sensibilità e pronto a dar battaglia a colpi di vocabolario, in realtà non facesse altro che il gioco delle categorie realmente egemoni, vere padrone del gioco, che continuavano a comandare indisturbate.

Le parole sono importanti è vero, ma quando i licenziamenti vengono definiti “esuberi“, ogni avversario un “fascista“, quel politico là è sicuramente “il nuovo Hitler“, le leggi che introducono precariato e cancellano diritti nel mondo del lavoro sono “Riforme“, i bombardamenti diventano “umanitari“, ecco che il Vocabolario diventa il manganello del nuovo millennio che dobbiamo temere ancor più di quello vero.

Per svelare le finte ipocrisie del linguaggio moderno e riappropriarci di un lessico capace sì di difendere categorie a rischio poiché oggettivamente minoritarie e più deboli, ma senza cadere nel gioco del soggettivismo iper sensibile, ho fatto una chiacchierata con lo scrittore Giuseppe Culicchia, autore di “E finsero tutti felici e contenti. Manuale delle nostre ipocrisie” edito da Feltrinelli.

ASCOLTA IL PODCAST DELL’INTERVISTA

Pubblicato il: 29/10/2020 da Valentino De Luca