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A Kurt

A Kurt

di Simone Maurovich

#CompleanniRock

Ciao Kurt, come va lassù?

Sai non ci conosciamo. O meglio, tu non conosci me.
Eppure, chissà perché, avrei tanto voluto esserti amico.

Sarà che ho un’inclinazione per le anime tormentate, sarà perché dietro la rabbia dei tuoi testi e della tua musica ci ho visto sempre molta solitudine, sarà perché hai cambiato la mia vita e quella di non so quante migliaia di persone. Sta di fatto che avrei davvero voluto averti come amico.

Perché ti scrivo queste cose? Beh sai, oggi avresti compiuto 53 anni e quel giorno, quel dannato 5 aprile 1994, tutti hanno letto la tua lettera indirizzata a Boddah.

E proprio tra quelle righe in cui ancora una volta, per l’ultima volta, aprivi il tuo mondo a qualcun altro ho visto un animo fragile, spento e disincantato, stanco di quello che la vita gli aveva dato.

Perché con te, caro Kurt, la vita non è stata per niente buona.

Da piccolo ti dissero che eri troppo vivace e quindi cercarono di sedare la tua irruenza… Cazzo bloccare la vitalità di un bambino credo sia una mossa più da stupidi che da ingenui.
Hai poi cercato conforto quando i tuoi si sono separati. Sei andato a vivere prima da tuo padre ma sei scappato perché lui aveva già un’altra donna e un’altra famiglia. Sei tornato da tua madre ma anche lì niente, l’amore dei genitori proprio non riusciva a riempire i tuoi vuoti che, intanto, si andavano allargando sempre di più.

In tuo “soccorso” è arrivata l’unica cosa che potesse stordirti e mitigare quel senso di inadeguatezza: la droga. Fumavi spinelli e intanto iniziavi a scrivere, a disegnare, ad arrangiare le melodie con quella chitarra che ti era stata regalata.

Ma più ti avvicinavi al successo, più i tuoi dolori allo stomaco si facevano lancinanti, brutali. Perché tu non eri pronto a tutto questo, non eri stato preparato ad accogliere tutta questa ondata di gente che avrebbe visto (e ancora oggi lo fa, credimi) in te un’ancora di salvezza.
Quanto senso dell’umorismo deve avere il destino per rendere te, una persona con un disperato bisogno di amore, simbolo di una generazione di incazzati con il mondo?

Perché Kurt, e qui parlo in mio nome, mi piace pensare che grazie al riff di “Smells Like Teen Spirit” io possa aver scoperto la vera musica. Perché il nostro “incontro”, per me, è stata come una folgorazione.

Francis Been sta bene, almeno credo. Sta cercando la sua strada tentando, invano presumo, di scrollarsi di dosso il tuo cognome non per ripudiarti (non penso potrebbe farlo mai) ma per tentare di farcela con le sue gambe.
Un po’ come facevi tu con la tua adorata piccoletta quando la aiutavi nei primi, faticosi passi in questa vita piena di pericoli. Però una cosa posso assicurartela: lei non sta meglio senza di te e scegliendo di andartene per sempre sei stato egoista, almeno nei suoi confronti.

Di tua moglie non parlo, perché non sono mai riuscito a digerirla. So che mi diresti che stai bene con lei, che ti fa sentire amato ma, molto probabilmente, ti risponderei che potresti ambire a molto altro e sicuramente di meglio. Però è stata una tua scelta e la rispetto, un po’ come hanno fatto, seppur controvoglia, anche i tuoi amici Dave e Krist.

Vedi Kurt, amico mio, queste non sono le classiche frasi che scrivo di solito in questa pagina e che faccio leggere a chi vuole condividere questa grande passione. No, perché due parole non sarebbero bastate ma una storia sarebbe stata banale.
Allora ho scelto questa lettera immaginaria, come quella che scrivesti al tuo “amico”.

E la chiudo, così come tu ponesti fine al tuo scritto e alla tua vita: Pace, Amore, Empatia.

Tuo Simone.

Kurt Cobain
(Aberdeen, 20 febbraio 1967 – Seattle, 5 aprile 1994)

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Pubblicato il: 20/02/2020 da Skatèna