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CARCASS: 30 anni di “Heartwork”, tra death melodico e tecnica ineccepibile

CARCASS: 30 anni di “Heartwork”, tra death melodico e tecnica ineccepibile

When expectations are quashed/When self esteem is lost/When ambition is mourned/All you need is hate.

 

Eccolo uno dei dischi migliori e più importanti in ambito metal degli anni Novanta, oserei dire LEGGENDARIO.

Genere “death metal andante melodico“, uscito il 18 ottobre 1993 per la Earache Records, etichetta attiva a Nottingham e a New York. La Earache inizialmente era rivolta a generi come hardcore punk e crossover, ora produce dischi di gruppi death, industrial e grindcore, infatti il primo disco metal prodotto fu Scum dei Napalm Death nel 1987.

Se date un’occhiata al sito http://www.earache.com/ , vi campeggiano le scritte INDEPENDENT SPIRIT, REVOLUTIONARY BANDS, VISIONARY FESTIVALS… ed è tutto un programma! Fanno parte di questa scuderia gruppi del calibro di Morbid AngelGodfleshAt the Gates e i mitici Deicide!

Ma torniamo a Heartwork: l’album contiene una tracklist da urlo, un misto di sangue budella e poesia: basti pensare al solo presente in Death Certificate. D’altronde il metal è forgia di brutalità e zucchero, un mix che personalmente mi fa impazzire… e non dimentichiamo che le ballate più dolci della storia della musica sono proprio quelle fatte da metal band (tanti sono gli esempi che si potrebbero fare).

DA NOTARE LA COPERTINA DISEGNATA DA GIGER…..
La scultura presente in copertina, “Life Support 1993“, è ad opera dello scultore svizzero H.R. Giger (per un interessante articolo dedicato alle copertine degli album disegnate da Giger, rimando alla lettura di un altro mio articolo pubblicato poco tempo fa al seguente link https://www.radiocittaperta.it/musica/h-r-giger-e-la-musica-tutte-le-copertine-disegnate-da-lui/
).

Tale scultura appare anche nel video promozionale girato per la canzone Heartwork.

Si tratta di un Signor disco. Lo si potrebbe definire addirittura “radiofonico” per la sua musicalità. Una hit dietro l’altra e nessun passo falso sono la gloria di questo album, con riff e assoli fantastici e un drumworking da urlo.

Carcass, formatisi a Liverpool nel 1985, sono considerati tra i padri fondatori del grindcore. In realtà i fondatori del genere sono i Napalm Death. Il termine grind, che significa macinare, polverizzare, è stato coniato dal loro batterista Mick Harris. Il loro album di debutto, Scum (1987), è in effetti tra i più rappresentativi della corrente, e i testi sono di matrice anarchica e anti-capitalista. 

Nel frattempo si affacciarono sulla scena grind anche i Carcass, in cui approdò il chitarrista Bill Steer, dopo aver lasciato i Napalm Death, solo che mentre i testi dei Napalm Death erano politicizzati, quelli dei Carcass erano nauseabondi, ispirati da alcuni libri di medicina, enfatizzati da tematiche raccapriccianti quali autopsie, genitali tagliati, corpi scuoiati, cadaveri in putrefazione, ecc. anche se riviste con un pizzico di dark humor. D’altronde una band che si chiama Carcass, questo solo poteva far presagire.

Quindi il loro era un grindcore dalle tematiche splatter e disgustose.

Copertina di Reek of Putrefaction, primo album in studio dei Carcass, pubblicato dalla Earache Records nel 1988. E’ composta da un collage di atrocità prese da manuali di medicina legale e patologia, era in realtà un omaggio al “diavolo che mangia cadaveri” celebre in epoca medioevale (si veda, ad esempio, l’affresco di Giovanni da Modena nella basilica di San Petronio). Nell’interno, invece, c’era un curioso rifacimento della copertina esterna fatto però di brani di cronaca nera,con al centro la foto dei membri del gruppo. Giudicata offensiva dalla censura inglese, questa prima copertina fu sostituita da una che ne riprendeva il concetto (collage di parti anatomiche), ma messa insieme con disegni presi da manuali di biologia. Nel 2002 il disco venne ripubblicato con la copertina originale.

 

 

 

 

 

 

 

Ma è con Heartwork che i Carcass raggiungono, secondo me, il loro apice artistico, rimanendo sempre violenti cupi e potenti, ma toccando vertici tecnici invidiabili e con parti melodiche da brivido, grazie soprattutto all’apporto degli assoli della chitarra di Ammott. Per cui, se nei primi testi si poneva l’accento sulla destrutturazione e sulla decomposizone della carne, in Heartwork si passa alla decomposizione dell’anima umana, “descritta metaforicamente attraverso testi incentrati su argomenti come la guerra, la religione, la sostituzione dell’uomo attraverso le macchine“.

Se ancora non avete sentito questo disco, provvedete subito a colmare tale lacuna! Resterà impresso nel vostro cuore musicale, come il titolo stesso suggerisce: HEARTWORK.

Pubblicato il: 18/10/2023 da Skatèna