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Unplugged in Monti – Church Sessions: A Hawk And A Hacksaw – Opening act “Barberini” – Recensione

Unplugged in Monti – Church Sessions: A Hawk And A Hacksaw – Opening act “Barberini” – Recensione

Unplugged in Monti – Church Sessions: A Hawk And A Hacksaw – Opening act “Barberini”

Sabato, 12 Maggio 2018.

Tra croci, affreschi e bifore bizantine il suono di Barberini allieta e mette calma. I salmi e le letture dell’Apocalisse sembrano lontani dall’Indie pop della singer romana, eppure il cantico della nostra svela sfumature eteree che ben si conciliano con l’ambientazione. Dietro al nome Barberini si cela Barbara Bigi, la giovane cantautrice romana, autrice di un recente ottimo debutto dream pop da atmosfere  lo- fi e ambienti dilatati.

I bizantinismi degli “A Hawk And A Hacksaw” sembrano dire “Credi nel signor Gesù Cristo e sarai salvato”, così come riporta l’iscrizione sull’abside della bellissima chiesa valdese di via 4 Novembre. E non è un caso se il duo degli “A Hawk And A Hacksaw” si esibisce  in una chiesa.

Duo americano di Albuquerque; “un posto troppo lontano dal paradiso e così vicino al Texas”, diceva il polistrumentista Jeremy Barnes ieri sera durante il concerto. Insieme alla compagna-violinista Heather Trost hanno realizzato il loro recente settimo album “Forest Bathing”. Il nome indica una pratica giapponese che consiste nell’addentrarsi  all’interno della foresta per sconfiggere ogni forma di stress e tensione. È proprio grazie a questa immersione Barnes e Trost hanno ripreso il loro filo inventivo e hanno creato questo disco magnetico e suggestivo, interamente strumentale,  che ci trasporta nei tempi antichi attraverso viaggio tra culture e tradizioni della Turchia e altri paesi del Mediterraneo orientale.

Il violino e il santur persiano ricordano l’organo, trasportando il pubblico in un’atmosfera medioevale, antica, fatta di vestiti verdi, di corpetti e di ori decorativi.  Anche la speranza è quella del Medio Evo, la speranza, cioè, di una nuova rinascita e di un nuovo futuro a partire dalla tradizione, così come avviene nella nostra epoca di mezzo.

Il suono vibrato evoca amori, dolori, duelli e battaglie di un’era che non c’è più  ma che troppo somiglia a quella che c’è adesso, e a quella che non c’è ancora. Le danze delle feste, gli amori disperati sussurrati ai balconi delle finestre, le lune sui palazzi ducali, le bianche vesti disperate che si immergono nel lago per l’ultimo commiato. Un violino malinconico ed intenso preludia a chissà quale tormento. Ognuno è libero di proiettare il suo. Un tormento tutto personale, che si incontra e si scontra con l’allegria superficiale della festa.

Eppure, nel turbinio della mondanità, un’eco interiore richiama all’intimita’.

La speranza è quella di essere felici ed autenticamente se stessi.

Jeremy Barnes prende la fisarmonica e l’atmosfera si fa più incalzante e progressiva, in un vero crescendo di tensione, di energia e di voluttà. La voce angelica di Heather Trost fa da sfondo allo scenario.
Con il suo assolo di violino, dame e cavalieri si sfidano in singolare tenzone, in una danza fatta di sfide, di amori e di cavalleria.

Arriva la batteria. Danze tribali e violini acustici suonano come marce militari. Ci sono le battaglie per i territori e per le spose, ci sono le conquiste e le perdite. Evocazioni orientali si susseguono in un climax progressivo e ascendente, animate di gloria e valori perduti. Campi di battaglia e sterminazioni, uniti a matrimoni e baccanali orgiastici. Tanta e mantra dal sapore purificatore e salvifico.
Tra il minuetto e il waltzer, tra la classica e l’anciente musique, tra il bolero e il country.

Fuori alla chiesa tuona il manifesto: “Gesù dice: la verità vi farà liberi.”

Forse.

O forse no, ma la musica sicuramente si.

 

Sanja Babic
Liliana Montereale

Pubblicato il: 13/05/2018 da Redazione Radio Città Aperta